Don Enrico Tazzoli

pagina a cura di Samuele Nino Sodano

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Professore di filosofia nel seminario vescovile, fu arrestato la prima volta il 12 novembre 1848 per aver pronunciato in chiesa una predica contro i tiranni parlando delle potenze imperiali durante il "sacco di Mantova" del 1630, ma evidentemente alludendo agli "imperiali" austriaci di quell'anno. Tazzoli pur ovviamente non condividendo la visione religiosa di Mazzini, si convinse che il movimento della "Giovine Italia" era l'unico che avesse organizzazione e adesioni sufficienti ad assicurare concretezza d'azione. Molto impegnato nell'assistenza filantropica e nella educazione popolare, sposò i principi di un suo cristianesimo "illuminato", con lo spirito umanitario e "democratico" delle lotte risorgimentali, tanto da definire il suo supremo amor di patria la sua "seconda religione".
Dopo la Prima Guerra di Indipendenza, egli è stato il capofila della associazione clandestina che si era costituita a Mantova di cui aveva tenuto la scrupolosa contabilità cifrata registrando non solo entrate e uscite, ma anche l'elenco dei comitati mantovani e i nomi di coloro che avevano versato denaro a sostegno delle attività anti-austriache. Quando la polizia lo arrestò nuovamente, il 27 gennaio 1852, rinvenne nella sua abitazione proprio quel registro della contabilità; presto gli esperti di Vienna ne rintracciarono la chiave (Pater noster) riuscendo così a decifrarlo completamente.
Don Enrico Tazzoli venne poi sconsacrato e condannato a morte, l'impiccagione fu eseguita a Belfiore il 7 dicembre 1852 ed egli divenne così uno, forse il più noto, dei Martiri di Belfiore.

Leggi la sua suggestiva testimonianza in merito alla sconsacrazione nella Lettera a Teresa Arrivabene Giacomelli.

notizie tratte da [COMPLETARE!!!]
M. Bertolotti, La congiura di Belfiore, in I Martiri di Belfiore tra storia e memoria, a cura di A. Mortari - D. Ferrari - G. Manzoli, Mantova, Grassi, 2002